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Glioblastoma: terapie CAR-T mostrano risultati incoraggianti in due sperimentazioni di fase I

Nelle ultime due settimane, il New England Journal of
Medicine e Nature Medicine hanno pubblicato i risultati di due studi clinici su
pazienti con glioblastoma ricorrente trattati con due diverse terapie CAR-T. Si
tratta di risultati molto preliminari, su un numero ristrettissimo di pazienti,
ma comunque scientificamente indicativi di un’attività funzionale nei pazienti
da poter incrementare.

Il primo studio, denominato INCIPIENT, è stato condotto
presso il Massachusetts General Hospital è ha utilizzato linfotici T
ingegnerizzati con un recettore chimerico capace di riconoscere una specifica
mutazione del recettore per il fattore di crescita epiteliale (EGFR), spesso
identificata nel gliobastoma,  e capaci
di riconoscere anche la variante naturale di EGFR attraverso la secrezione di una
molecola antigenica capace di stimolare le cellule T (T-cell-engaging antibody
molecule, TEAM). Il trattamento, effettuato mediante somministrazione
intracranica delle cellule ingegnerizzate, ha mostrato un profilo di sicurezza
accettabile (nessun evento avverso di grado 3) e in tutti e 3 i pazienti
trattati si è osservata una rapida e significativa regressione della massa
tumorale. Tuttavia, mentre due pazienti hanno riportato una recidiva dopo poche
settimane dal trattamento, in un paziente la risposta clinica è stata mantenuta
per oltre 5 mesi (il monitoraggio è ancora in corso).

Il secondo studio, invece, ha utilizzato linfociti T modificati
per riconoscere sia la EGFR mutata che il recettore IL13Ra2. Lo studio,
condotto dall’Università della Pennsylvania. In questa sperimentazione, due
diversi dosaggi di cellule sono stati valutati. Per entrambi i dosaggi, i
pazienti hanno riportato effetti riconducibili a sindrome da neurotossicità
associata alle cellule effettrici immunitarie (ICANS) e gestibili medicalmente
(solo un paziente ha mostrato eventi avversi di grado 3). In tutti e sei i
pazienti sono state osservate piccole riduzioni della crescita tumorale e delle
dimensioni del tumore ai tempi iniziali della risonanza magnetica. Sebbene le
risposte cliniche siano state transitorie, le indagini dei ricercatori
statunitensi ha comunque evidenziato una sostanziale abbondanza di cellule CAR
T e un rilascio di citochine nel liquido cerebrospinale, due aspetti che uniti
alle evidenze cliniche iniziale suggeriscono la potenzialità di tale approccio
terapeutico anche in questo setting clinico.

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